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Immagine del redattoreIsaia Silvano | Daelar Animation

Brad Bird: come destrutturare il mito supereroistico

Brad Bird è uno dei registi più importanti dell'animazione anglofona degli ultimi trent'anni. Si forma alla Walt Disney Productions con colleghi quali John Lasseter e Tim Burton, lavorando come animatore per alcune opere del colosso californiano tra cui Red e Toby - Nemiciamici (1981). Successivamente, durante gli anni '80 cerca di realizzare un adattamento cinematografico di The Spirit (1940/1952) del fumettista Will Eisner, conoscendo così il celebre regista Steven Spielberg. Il noto film-maker, nonostante si rifiuti di produrre il progetto, apre a Bird le porte di Hollywood come sceneggiatore. Gli scritti che ne confermano il nome e che ne accrescono la popolarità nell'ambiente cinematografico statunitense strutturano e descrivono il film Miracolo sulla 8a Strada (1987) e due episodi di Storie Incredibili (1985-1987), opera collettiva grazie alla quale Bird inizia a ideare il suo lungometraggio di debutto. Nel 1989, l'artista comincia a incidere il proprio nome nella storia dell'animazione, contribuendo a far decollare - dal punto di vista mediatico - il fenomeno planetario I Simpsons (1989/in corso) attraverso l'introduzione nel cartoon di Krusty Il Clown, personaggio inizialmente pregno di quelle sfumature noir che avrebbero dovuto plasmare l'ormai decaduto progetto The Spirit [1]. Dopo un periodo di intensa produzione scritta presso l'emittente Fox, finalmente la casa di produzione e di distribuzione Warner Bros. Enterteinment dà a Bird la possibilità di realizzare la sua opera prima.



Il Gigante di Ferro | Daelar Animation
© Warner Bros.


Il Gigante di Ferro (1999), tratto dal romanzo L'Uomo di Ferro (1968) di Ted Hughes, è un racconto di formazione denso di riflessioni verso la moralità, la paura dell'ignoto, la superficialità dell'essere umano, il tema dell'apparenza, la guerra e le armi, il senso dell'amicizia e, soprattutto, quello delle responsabilità sia civili che interpersonali. Ogni personaggio, infatti, incorpora un'idea di pensiero, un'idea di uomo diversa, dall'esempio espresso da Kent Mansley di persona chiusa, impaurita, penosa e avventata, a quello espresso invece dal giovane protagonista Hogarth Hughes di mente aperta, curiosa, determinata a indagare sul perché e sulla natura di ciò che accade. Protagonista e antagonista, il primo guidato da una curiosità irrefrenabile, il secondo governato da una forma alquanto maniacale di giudizio persecutorio verso sé stesso, risultano due poli opposti che, per tutta la durata del lungometraggio, si scontrano fino a distruggere ciò che rappresenta, secondo la morale interpretativa sia di Hughes, sia di Bird, un essere fragile e profondamente vittima delle proprie capacità distruttive. Sicuramente il gigante, infatti, è tutto fuorché un mostro e, anzi, si presenta nel lungometraggio come un ingenuo, ipersensibile e facilmente impressionabile bambino metallico alto circa trenta metri.



Il Gigante di Ferro | Daelar Animation
© Warner Bros.


Il Gigante di Ferro, per via della caratterizzazione del titanico co-protagonista, rappresenta quanto di più vicino alla poetica miyazakiana abbia mai prodotto l'animazione occidentale, soprattutto in rapporto all'opera dello Studio Ghibli Il Castello nel Cielo (1986). Il film, infatti, narra una storia che non si limita alla comprensione sia dei rapporti umani, sia di quelli uomo-robot, e sviluppa il racconto inserendo chiare motivazioni storiche a tutto ciò che viene messo in scena. L'opera di Brad Bird è ambientata nell'anno 1957 presso Rockwell, cittadina del Maine, Stato nord-orientale degli USA. La Guerra Fredda, dunque, diviene in maniera quasi naturale il mezzo e lo strumento analitico per poter contestualizzare ogni sfaccettatura della struttura narrativa, delle paure dei personaggi, delle caotiche e poco ponderate situazioni di allarme che dichiarano militari e agenti governativi mentre fiutano senza alcuna reale prova un presunto pericolo di origine sovietica. Un ragazzino, sua madre, un ingombrante neonato metallico e un proprietario "caffeinomane" di uno sfascia-carrozze devono quindi combattere la politica di un'intera nazione, un Paese che vede una terribile minaccia in un ente dalla provenienza dubbia e dalle intenzioni pacifiche che, tuttavia, se e quando spaventato potrebbe di fatto diventare in pochi secondi un'arma di distruzione di massa.



Il Gigante di Ferro | Daelar Animation
© Warner Bros.


Bird può finalmente adoperare le atmosfere noir che tanto aveva cercato di portare sul grande schermo negli anni '80, creando - per esempio - ambientazioni che, sotto il costante scroscio della pioggia battente, vengono continuamente calpestate sia dai poderosi passi del gigante, sia dalla miopia dei potenti. I militari, infatti, si rendono inesorabilmente ciechi di fronte all'imprevisto e alla possibilità di essere sotto attacco, sottoscrivendo quanto, negli anni '50 e '60, il timore di una guerra nucleare stesse portando le reali autorità degli Stati Uniti d'America e, più in generale, del mondo occidentale verso la completa deriva del senno.


Nella scena più importante del film viene affrontato il tema della morte. Un cervo ucciso non rappresenta solo un atto di caccia sportiva, bensì lo spegnimento di una vita - che poi spiegherà Hogarth essere solamente "un momento d'attesa per l'anima" - e, soprattutto, un crimine che il gigante recepisce di una gravità universale. Il robot creato da ignoti per sterminare, infatti, dopo aver osservato e dopo avere toccato il cadavere dell'animale denigra inconsciamente il suo scopo primario. Ormai la fortissima scossa elettrica che lo ha fulminato a inizio pellicola non può bastare per spiegare e per motivare i suoi comportamenti infantili e stranamente mansueti. In quell'istante qualcosa, un'emozione, cambia per sempre la natura del co-protagonista, e Hogarth, suo padre adottivo e maestro di vita, ne è senza alcun dubbio il responsabile.



Il Gigante di Ferro | Daelar Animation
© Warner Bros.


Il gigante, dunque, adesso è pronto per adempiere al proprio vero scopo: difendere le persone a lui care e diventare, da ora e per sempre, il loro supereroe.


Se negli anni '90 la Pixar cerca ancora di farsi spazio tra la Walt Disney Pictures in pieno rinascimento, la neonata Dreamworks Animation e la Fox Animation, negli anni Duemila lo studio di John Lasseter prende il sopravvento sulla concorrenza e diviene non solo il punto di riferimento dell'animazione cinematografica occidentale, bensì anche l'unica casa di produzione statunitense in grado di confrontarsi tecnicamente alla pari con i più importanti studios giapponesi (Production I.G, Studio Ghibli, Madhouse). Tranne Cars - Motori Ruggenti (2006) e Ratatouille (2007), ogni opera prodotta dalla Pixar nella prima decade del nuovo millennio riesce infatti a innovare lo stile animato in computer grafica, a rendersi unica e originale e a dare prova dell'immensa creatività di cui dispongono quattro dei migliori artisti d'animazione degli ultimi vent'anni: John Lasseter (Toy Story, A Bug's Life, Toy Story 2, Cars, Cars 2) Pete Docter (Monsters & Co, Up, Inside Out, Soul), Andrew Stanton (A Bug's Life, Alla Ricerca di Nemo, Wall•E, Alla Ricerca di Dory) e Lee Unkrich (Toy Story 2, Monsters & Co, Alla Ricerca di Nemo, Toy Story 3, Coco).



Gli Incredibili | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company

Dopo aver diretto il capo d'opera Il Gigante di Ferro, film che fa flop ai botteghini ma che pone il regista tra i nuovi astri nascenti dell'animazione cinematografica occidentale, Brad Bird entra nei Pixar Animation Studios e, appena arrivato, propone subito a Lasseter di poter lavorare a una propria sceneggiatura. Il mentore della Pixar accetta e nel 2004 esce Gli Incredibili, il primo lungometraggio prodotto dallo studio di Lasseter con soli personaggi umani. La seconda opera di Bird, se fosse un cinecomic in live-action, rientrerebbe sicuramente nei migliori esempi di questa categoria di genere. Il film, invece, viene concepito come una intelligente attrazione audio-visiva per una larga ed eterogenea fetta di pubblico americano e mondiale e, dunque, viene realizzato con un ritmo frenetico, con gags umoristiche ricorrenti e con una sana dose di ironia ideale per un lungometraggio action di puro intrattenimento. Gli Incredibili, tuttavia, implementa nella propria struttura narrativa alcuni elementi teorici della mini-serie a fumetti Watchmen (1986/1987) di Alan Moore (il decadentismo urbano e il crollo del mito "supereroistico" sono riscontrabili già dall'incipit del film), i toni noir cari al regista dai tempi di The Spirit (grazie anche a una meravigliosa colonna sonora scritta in stile big band e dixieland anni '30 dal compositore Michael Giacchino) e dei connotati sociali e politici che bene si orientano a favore del ceto medio statunitense.



Gli Incredibili | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Il corpus concettuale dell'opera, quindi, oltre che intrattenere, esprime anche citazioni e suggestivi rimandi a un'epoca irreale in bilico tra la Grande depressione del 1929 e la New York descritta negli albi a fumetti The Amazing Spider-Man editi dalla Marvel Comics tra il 1963 e il 2012: un concentrato di narrativa urbana, azione spensierata, commedia familiare e humor piuttosto adulto.


Tecnicamente, la Pixar crea un prodotto dalle animazioni perfettamente calibrate e, con una fotografia calda e luminosa (nel 2004 la migliore mai realizzata dallo studio), riesce a donare ancora più dinamicità alle ambientazioni e ai personaggi durante i segmenti filmici più action, scene nelle quali tutti gli elementi coreografici del lungometraggio, infatti, risultano magistralmente coordinati dal team di sviluppo supervisionato da Bird. Proprio la regia, in effetti, rappresenta il vertice di quest'opera. Bird firma la miglior performance stilistica della propria carriera, scolpendo alcune delle sequenze di combattimento e di fuga più riuscite ed estasianti degli anni Duemila come, per esempio, l'incredibile e "ipercinetico" inseguimento dei robot e Flash nella giungla (forse l'apice registico dell'intera storia dei Pixar Animation Studios).



Ratatouille | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Nel 2007, assieme a Jan Pinkava (Il Gioco di Geri), Brad Bird torna alla regia con un film che esce dagli standard dell'artista e che racconta in modo decisamente romantico e intelligente una curiosa avventura culinaria presso Parigi. Ratatouille narra una storia nella quale gli animali più emarginati del pianeta - i topi - riescono a riscattarsi grazie ai valori dell'intraprendenza e del talento. Il terzo film di Bird scorre meccanicamente seguendo le vicende che accompagnano, tra cliché e discreti colpi di scena, i due protagonisti Rémy e Alfredo dal loro primo incontro a un epilogo narrativo poetico e particolarmente toccante: l'epifania del critico gastronomico Anton Ego all'assaggio della ratatouille di verdure. Tecnicamente il film, anche se risulta maniacalmente curato nella realizzazione degli ambienti e dei personaggi in computer grafica, non raggiunge il livello qualitativo di alcune precedenti opere della Pixar. Le textures risultano meno innovative rispetto a quelle presenti in Monsters & Co nel 2001, in Alla Ricerca di Nemo nel 2003 e ne Gli Incredibili nel 2004, opere di tutt'altro calibro tecnico rispetto a Ratatouille. La regia di Bird e di Pinkava si mantiene sempre piuttosto scolastica e al servizio della sceneggiatura e delle vicissitudini di Rémy, ad eccezione di un solo e notevole esercizio di stile: la serie di brevi piani sequenza che seguono il topino protagonista al suo arrivo a Parigi, scene nelle quali si riesce addirittura a percepire dietro l'animale una steadicam digitale che ne pedina scrupolosamente i passi e i movimenti.



Gli Incredibili 2 | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Tale strumento di ripresa animata, già padroneggiato nel medium da registi come Mamoru Oshii in Ghost In the Shell 2: Innocence (2004) e Katsuhiro Otomo in Cannon Fodder (1995), verrà rivoluzionato in casa Pixar da Alan Barillaro nel 2016 attraverso il cortometraggio Piper.


Nel 2018, dopo aver diretto due film live-action, uno su commissione (Mission: Impossible 4 - Protocollo Fantasma) e uno anche co-sceneggiato e co-scritto (Tomorrowland), Brad Bird scrive e dirige Gli Incredibili 2, film tanto utile quanto atteso dato che, nel 2004, il finale del primo capitolo ne presagiva chiaramente l'avvento. Quest'opera di Bird riesce a mantenersi coesa, lineare e, in termini tecnici, qualitativamente alla pari con il prequel, tuttavia non presenta quei lati registici tanto eccellenti per i quali ancora oggi Gli Incredibili risulta uno dei migliori film action - non solo animati - del nuovo millennio. La storia si arena leggermente sulla situazione familiare dei protagonisti, pur mantenendo costantemente alto e trascinante il lato più umoristico del racconto. Le atmosfere del lungometraggio, invece, presentano meno sfumature noir e si focalizzano soprattutto sul sci-fi "supereroistico" contemporaneo, facendo dunque leva su situazioni e su personaggi spesso sopra le righe ma che - fortunatamente - riescono a mantenere una propria credibilità di fondo. La sceneggiatura de Gli Incredibili 2, infatti, anche se non molto originale non snatura il primo film Pixar diretto da Brad Bird e, anzi, aumenta esponenzialmente l'anti-convenzionalità che dal 1989 caratterizza e contraddistingue tutti gli (anti)eroi scritti e diretti dal regista de Il Gigante di Ferro.

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