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  • Immagine del redattoreClara Leone | Redattrice

Il fascino dell'Africa raccontato nell'animazione francese: da Michel Ocelot a Rémi Bezançon

I rapporti politici ed economici tra la Francia e l'Africa hanno origini antiche, quando tra il XVII e XX secolo viene fondato l'impero coloniale francese che, acquisendo sempre più potere territoriale, si espande in Asia e in America settentrionale. La storia del colonialismo francese e, in generale, del continente africano è stata raccontata attraverso diversi film d'animazione di discreto successo in Europa ma sempre molto apprezzati in patria, e Michel Ocelot, ex presidente dell'International Animated Film Association (ASIFA), è considerato il primo autore a inaugurare questo filone. Il regista vive parte della propria infanzia in Africa occidentale e, una volta tornato in Francia, si interessa all'animazione studiando sia all'École Nationale Supérieure des Arts Décoratifs che al California Institute of the Arts. Inizialmente, Ocelot produce brevi cortometraggi e serie animate mischiando la tecnica tradizionale e l'animazione in silhouette. Significativa e, forse, l'opera più famosa del regista è la trilogia di Kirikù, cominciata nel 1998 con il primo capitolo Kirikù e La Strega Karabà e seguita successivamente con due mid-sequel Kirikù e Gli Animali Selvaggi (2005) e Kirikou et Les Hommes et Les Femmes (2012), quest'ultimo film inedito in Italia. I film di Kirikù sono una vera lettera d'amore al continente africano e ne raccolgono tutte le caratteristiche in una favola, con una profonda riflessione sul male arcano e istintivo e su come gli uomini, attraverso una interpretazione sbagliata di un avvenimento, possano creare un capro espiatorio per potersi ergere al di sopra delle proprie responsabilità. Oltre all'espressione morale, il film narra inoltre elementi tipici delle fiabe africane come il delicato rapporto con la fauna locale, il valore degli anziani, la forza d'animo dei bambini e l'astuzia, nonché la crescita di Kirikù, personaggio nato con il corpo di un bambino ma con la mente e con lo spirito di un uomo [1].



Kirikù e La Strega Kabala | Daelar Animation
© Les Armateurs | © Odec Kid Cartoons | © Trans Europe Film | © Studio O


Il protagonista è un adulto che possiede l'aspetto di un bambino e l'ostacolo che deve superare nel film è quello di prendere abbastanza coraggio sia per sovrastare e dominare le proprie paure, sia per sconfiggere una potente strega. Allo stesso tempo, Kirikù possiede l'innocenza di un giovane e si porge domande sulla crudeltà del mondo, rendendosi dunque conto che gli adulti sono quasi sempre accecati dalla paura e dai pregiudizi. Per questi motivi, La Strega Karabà può essere tranquillamente un film rivolto a un pubblico di adulti e di bambini. I primi resteranno incantati da un'animazione 2D ibrida tra tecnica tradizionale, cut-out animation e silhouette animation - di chiaro stampo sia espressionista tedesco (Lotte Reiniger), sia teatrale italiano (Gianini e Luzzati) - ricca di dettagli e da una narrazione che, a volte, esalta scenari e sequenze decisamente cupe. I bambini, invece, potranno apprezzare di più il messaggio formativo della pellicola, maturo ma perfettamente alla loro portata. I due mid-sequel, sebbene non raggiungano i livelli del primo film, restano interessanti per approfondire le avventure del protagonista e di una terra africana ricca di retroscena meravigliosi. Ocelot tornerà a parlare dell'Africa nel 2011, con un corto inserito in Tales of the Night, lungometraggio vagamente ispirato, come struttura, ai racconti de Le Mille e Una Notte nel quale due ragazzi e un vecchio, all'interno di un teatro, recitano diverse storie che spaziano dal folklore occidentale a quello orientale. Il film, sempre molto derivativo dalle opere della Reiniger, è girato in silhouette animation e viene presentato in anteprima nel concorso per l'Orso d'Oro al 61° Festival Internazionale del Cinema di Berlino [2]. L'opera breve, ambientata nell'Africa occidentale in cui Ocelot è vissuto, narra una storia sui preconcetti degli abitanti di un villaggio e sulla ricerca di un oggetto magico che sarà utile a sventare una terribile tragedia.



Les Contes de La Nuit | Daelar Animation
© Nord-Ouest Production | © Studio O | © Studiocanal


Tra Colonialismo e Denuncia Sociale


Jean-Christophe Lie (The Man in the Blue Gordini) inizia a cimentarsi nel cinema d'animazione lavorando come animatore prima nella Walt Disney Company e, negli anni Duemila, presso la Dreamworks Animation. Alla Disney prende parte alla realizzazione tecnica dei lungometraggi del "Rinascimento" Il Gobbo di Notre Dame (1996), Hercules (1997) e Tarzan (1999), mentre alla Dreamworks lavora nello staff di Sinbad - La Leggenda dei Sette Mari (2003). Dopo aver formato le proprie basi presso i due studi americani, Lie si dedica alla produzione di tre importanti film d'animazione europei: Appuntamento a Belleville (2003) diretto da Sylvain Chomet, capo d'opera grottesco presentato fuori concorso al 56º Festival di Cannes e candidato agli Oscar, Kirikù e Gli Animali Selvaggi (2005), diretto da Michel Ocelot e da Bénédicte Galup, e infine Nocturna nel 2007, diretto da Víctor Maldonado e da Andrà García. Cinque anni più tardi, affiancato nella sceneggiatura e nella co-regia da Rémi Bezançon (Le Premier Jour Du Reste de Ta Vie, Travolti dalla Cicogna), Jean-Christophe Lie dirige Le Avventure di Zarafa (2012), film d'animazione in 2D di produzione franco-belga candidato nel 2013 al premio Cesar come miglior film d'animazione.



Zarafa | Daelar Animation
© Pathé | © Prima Linea Productions


Il lungometraggio prende ispirazione dalla vera storia della prima giraffa, appunto Zarafa, giunta in Francia nel 1827 come dono del pascià d'Egitto Mehemet Ali al re Carlo X al fine di trovare un appoggio militare per contrastare la guerra d'indipedenza greca contro i turchi. Zarafa visse in uno zoo fino al 1845, quando morì di tubercolosi bovina e il suo corpo imbalsamato è possibile ancora oggi vederlo e ammirarlo nel museo di storia naturale di La Rochelle [3]. Lo sceneggiatore Rémi Bezançon, con l'intento di creare "un'avventura straordinaria, un po' ispirata a Jules Verne" [4], in collaborazione con Olivier Lebleu include nel racconto personaggi ed elementi slegati con il materiale originale come viaggi in mongolfiera dall'Africa alla Francia, pirati e schiavisti che ostacolano i protagonisti nella loro avventura. A tal fine, diverse scelte registiche sono state oggetto di controversie, come il fatto che la schiavitù fosse stata abolita nel 1815, dodici anni prima delle vicende raccontate nel film, e che nella realtà Zarafa fu donata al Carlo X per contrastare la guerra d'indipendenza greca e non i turchi-ottomani, come invece viene indicato nel film.


La pellicola si apre in un villaggio del Sudan, dove il saggio del posto racconta a dei bambini la storia di amicizia tra Zarafa e Maki, il piccolo protagonista - vittima dello schiavismo francese - che ha seguito la giraffa fino in Francia, determinato a riportarla in Africa e a renderla di nuovo libera. Sebbene sia un film che parli principalmente ai più piccoli, il pubblico adulto non potrebbe mai rimanere indifferente di fronte al messaggio educativo e al modo in cui esso viene sviluppato.



Zarafa | Daelar Animation
© Pathé | © Prima Linea Productions


Infatti, anche se con tono leggero e spensierato, il film si prende il compito di spiegare ai bambini come l'abuso di potere possa sottomettere i più deboli attraverso la schiavitù, oppure temi come la morte e l'affrontare un lutto, l'amore paterno e ovviamente la libertà perché, come dichiarato da Rémi Bezançon, Zarafa "è un film sulla libertà e vorrei che i bambini riflettessero su cosa significhi essere liberi" [5]. Il cast dei personaggi, fatto di uomini e animali non parlanti ma intelligenti, si muove in un mondo corrotto nel quale la libertà viene negata sempre di più e in cui vengono denunciati i vizi e i capricci dell'Europa imperialista. Il tutto viene raccontato in modo delicato e fiabesco "tra avventure alla Jules Verne, sentimento ed estetica sul modello di Hayao Miyazaki" [6], mentre l'animazione in 2D viene curata in modo che il tratto ricordi quello disneyano degli anni del Rinascimento (Andreas Deja, Tony Bancrfoft), anche se spesso viene affiancata da un'effettistica in 3D assai datata. Tali elementi rendono Le Avventure di Zarafa un film d'animazione da riscoprire, che ha avuto il coraggio di trattare tematiche che in questi anni potremmo definire scomode in un film per bambini senza mai cadere in una narrazione superficiale. In Italia il film è uscito nel 2013 e, sebbene abbia ricevuto recensioni positive dalla critica, è rimasto estremamente di nicchia.



Aya of Yop City | Daelar Animation
© Autochenille Production


Inedito in Italia ma allo stesso tempo interessante è anche Aya of Yop City, film d'animazione del 2013 diretto e sceneggiato dai registi Marguerite Abouet e Clément Oubrerie basato sull'omonima graphic novel. Ambientato a Yopougon verso la fine degli anni '70, l'opera racconta la storia sentimentale e familiare di un gruppo di adolescenti. La pellicola è senza dubbio una denuncia verso la povertà e verso le condizioni di vita di persone che si ritrovano a compiere scelte, a volte sbagliate, nel tentativo di uscire dalla propria situazione. Anche se le tematiche affrontate risultano estremamente significative, il film soffre di una narrazione a tratti troppo lenta che, dunque, ne appesantisce molto il ritmo. Ciò, invece, non succede sfogliando il fumetto originale. Infine, si può citare un altro lungometraggio inedito in Italia, diretto da Simon Rouby nel 2015: Adama. Il film mescola stop-motion e computer grafica e racconta le vicissitudini di un giovane ragazzo africano che dal proprio continente finisce in Francia durante la Prima guerra mondiale. Sicuramente, oltre a denunciare la guerra, la pellicola narra attraverso gli occhi di uno straniero il mondo occidentale, all'apparenza ricco ma che nasconde crudeltà e false promesse.


Come Adama, tutte queste opere nella loro nicchia hanno permesso al pubblico di avvicinarsi alla cultura e al cinema d'animazione che parla dell'Africa attraverso folklore e temi sociali che artisti di altri Paesi storicamente coloniali, come USA o UK, probabilmente avrebbero raccontato in maniera meno pulita e meno sincera. Tali film sono infatti da considerare preziosi, anche se non sono certo capolavori artistici, poiché sono il frutto di un'oppressione storica che si libera attraverso l'arte e che si manifesta senza retorica.


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APPROFONDIMENTI





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