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Patlabor: la nuova luce del genere mecha

Immagine del redattore: Isaia Silvano | Daelar AnimationIsaia Silvano | Daelar Animation

Il primo film della serie animata Patlabor ha un respiro decisamente più adulto rispetto a quello dell'anime originale concepito e creato dal gruppo Headgear alla fine degli anni '80. Mamoru Oshii non solo supervisiona l'opera ma ne è regista e direttore creativo assieme ai suoi più fidati collaboratori. Ad essere precisi, il trio "leggendario" che gestisce tre delle mansioni più importanti della lavorazione del film è lo stesso che nel 1995 darà alla luce Ghost in the Shell: Oshii alla regia, Kazunori Ito alla sceneggiatura e Kenji Kawai alla colonna sonora. Ciò non è affatto da sottovalutare, in quanto Patlabor: Il Film (1989) è, in tutto e per tutto, un banco di prova sia tecnico che nell'estetica per ciò che saranno Ghost in the Shell e Innocence (2004). La fantascienza adattata al sociale e alla vita quotidiana che aveva già definito la serie animata come una delle più originali degli anni '80, nel lungometraggio acquisisce vere e proprie atmosfere cyberpunk, fanta-politiche e thriller. Motoko Kusanagi e la sezione nove non ci sono ma, al loro posto, agisce la seconda sezione del corpo speciale della polizia di Tokyo, abilitata all'uso di labor (robot umanoidi comandabili da una cabina interna posta al livello dell'addome) per missioni che comprendono il pronto soccorso, lo spionaggio e il combattimento contro altri labor quando questi si trovano in mano a criminali.



Patlabor | Daelar Animation
© Production I.G | © IG Port


Il genere mecha classico alla Mazinga (1974) viene completamente rivoluzionato, in quanto Patlabor è una proiezione futura altamente realistica e di fatto possibile del campo della robotica applicata, senza nemici mostruosi che riflettono il terrore dei disastri atomici di Hiroshima e Nagasaki, senza elementi fantasy come combattimenti contro alieni o demoni provenienti da antiche camere di ibernazione poste al centro della Terra, senza armi che sfruttano energia radioattiva assorbita direttamente da onde solari; senza, in generale, alcun appello verso gli ormai cliché delle tante opere firmate Go Nagai, Yoshikazu Yasuhiko e Yoshiyuki Tomino. I robot di Patlabor sono semplicemente degli automezzi avanzati, non volano in orbita, non sparano raggi gamma e, soprattutto, non difendono l'umanità, ma solamente la fragile quiete della Tokyo metropolitana. La storia, infatti, narra sostanzialmente di come, per venire incontro alla sovrappopolazione della capitale giapponese, gli industriali più potenti del Paese, in accordo col governo, decidono di attuare un progetto di edificazione dalle proporzioni titaniche: il "progetto Babilonia", che prevede entro il ventunesimo secolo la costruzione di diverse piattaforme artificiali nella baia di Tokyo sulle quali poi poter erigere palazzi e grattacieli.



Patlabor | Daelar Animation
© Production I.G | © IG Port


Siccome si tratta di una corsa contro il tempo, per aumentare l'efficienza del lavoro, ai vari labor edili sparsi per i cantieri viene riformattato il processore centrale introducendo in esso un sistema operativo che ne aumenta la produttività del 30%. Tutto sembra andare bene fino a quando per la città non cominciano a manifestarsi casi di labor letteralmente impazziti che non rispondono ai comandi. Viene dunque chiamata la seconda sezione per indagare.


Già dalle prime sequenze si capisce che Oshii vuole stravolgere i canoni della serie televisiva adattandoli ai suoi deliri onirici saturi di filosofia, politica anticonformista e geniale costruzione estetica delle immagini. Il regista è ancora quello di Tenshi no Tamago (1985), il suo film d'animazione precedente: criptico, meditativo e fortemente comunicativo tramite silenzi e movimenti di macchina minimali. La fotografia blu-rossa-viola immersa nelle tenebre dei vicoli e nelle ambientazioni notturne più claustrofobiche, i monologhi di certi personaggi alle volte in terza persona, la costante accensione di sigarette, le musiche synth dai toni spirituali, le citazioni bibliche, gli scontri ideologici tra capo e subordinato, l'informatica che prevale sulla coscienza umana sono tutti elementi di natura diversa che cominciano ad essere presenti nella poetica di Oshii in maniera ancora leggermente timida e non sempre perfettamente contestualizzata.



Patlabor | Daelar Animation
© Production I.G | © IG Port


Mamoru Oshii, quindi, riesce solamente in parte a modificare lo spirito leggero e spensierato dell'anime, caratteristica che invece, per esempio, aveva reso il suo primo capo d'opera Lamù 2: Beautiful Dreamer (1984) uno dei lungometraggi più importanti dell'animazione giapponese.


In una sequenza temporale di opere, il formarsi della perfetta e maniacalmente ben costruita visione cyberpunk di Ghost in the Shell comincia a rendersi più solida con Patlabor 2: Il Film (1993), il vertice della carriera del regista dal punto di vista concettuale e il suo secondo capolavoro assoluto dopo Tenshi no Tamago. Patlabor 2, infatti, non solo migliora ogni aspetto del primo capitolo cinematografico della serie, bensì rappresenta uno dei film animati più rivoluzionari di sempre su due fronti. Il primo è quello poetico-ideologico. Mamoru Oshii e Kazunori Ito scrivono uno dei migliori thriller fanta-politici della storia del cinema, nel quale temi come il libero arbitrio, l'anarchia, l'illusione della pace e l'affidabilità delle organizzazioni politiche si sviscerano seguendo una logica pessimistica che accusa la società contemporanea di essere un corpo marcio che avanza per inerzia nel tempo. L'indagine dell'opera, messa in campo dalla sceneggiatura del lungometraggio, sul dubbio che avanza circa la solidità dei sistemi economico-sociali e amministrativi a cui le persone si affidano crea un discorso complesso che demolisce, per esempio, capisaldi astratti come la democrazia.



Patlabor | Daelar Animation
© Production I.G | © IG Port


Le certezze circa la sicurezza dei popoli e la libertà di espressione all'interno delle realtà che hanno un vero potere decisionale sulle persone comuni, infatti, vengono dissolte mano a mano che la trama si stratifica.


Patlabor 2: Il Film è, in assoluto, l'opera più complessa di Oshii sul piano teorico, elemento che qui raggiunge il suo apice come poetica autoriale e che sarà di tale spessore solamente un'altra volta nella carriera del regista, ovvero in Jin Roh, capo d'opera scritto da Oshii ma diretto da Hiroyuki Okiura, character designer e supervisore delle animazioni del gruppo Headgear della Production I.G. Il secondo fronte è quello tecnico. Il team di sviluppo adotta per la prima volta modelli computerizzati e widescreen digitali per implementare l'effettistica visiva del lungometraggio, riuscendo a modellare diversi piani di immagine e inquadrature ibride tra il 2D e il 3D in una maniera sorprendentemente efficace. Si tratta di un sistema di rendering estremamente innovativo, uno dei primi esempi del tutto riusciti, e dunque non solo sperimentali come nel caso di Lensman (1984), di fusione tra animazione tradizionale e CGI. Nel 1995, Ghost In the Shell rappresenterà niente meno che il miglioramento grafico di tali modelli e sarà riconosciuto come uno degli anime cinematografici più importanti di sempre.

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