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  • Immagine del redattoreIsaia Silvano | Daelar Animation

Toy Story e A Bug's Life: come animare il mondo sintetico

Il primo lungometraggio dei Pixar Animation Studios viene scritto da John Lasseter, Pete Docter, Andrew Stanton e Joe Ranft (il primo nucleo produttivo della casa di produzione) in maniera egregia, lucida e senza alcuna sbavatura tra il 1989 e il 1994. Il film, infatti, in prima istanza riesce a descrivere ottimamente il rapporto conflittuale tra i due protagonisti Woody e Buzz, quindi tra gli Stati Uniti d'America pre e post "conquista dello spazio", il personaggio di Sid Philips, visto erroneamente dai giocattoli come il male assoluto, gli Squeeze - gli alieni - e la famosa sequenza dell'artiglio, uno dei momenti più alti del cinema di Lasseter. Questi elementi costituiscono la parte più riuscita di una sceneggiatura che nella sua linearità e semplicità presenta sia elementi incentrati sull'intrattenimento, sia particolari che invece, se visti nell'ottica deviata nella quale il film viene ambientato, possono essere definiti senza alcun dubbio come geniali. Gli autori e i tecnici della nuova azienda Pixar, prima affiliata alla LucasFilm e nel 1986 acquistata da Steve Jobs, danno vita al primo lungometraggio interamente realizzato in computer grafica, spargendo così i semi di una rivoluzione commerciale che vedrà dal 1995 in poi un progressivo cambiamento del medium circa la natura delle produzioni animate sia per il cinema, sia per la televisione. La grafica 3D, dalla seconda metà degli anni '90, si imporrà infatti sempre più come nuovo canone stilistico integrale in tutto il panorama internazionale dell'animazione.



Toy Story | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Tale norma, promossa prima negli USA dalla Pixar, poi anche dalla Dreamworks Animation, dalla Fox Animation e dalla Walt Disney Pictures, e dal 2000 in Giappone soprattutto grazie alla Production I.G, raggiungerà il resto del mondo nel corso degli anni Duemila, decretando così la conclusione del monopolio mainstream dell'animazione tradizionale. La grafica computerizzata di Toy Story, tuttavia, per quanto realizzata ottimamente per l'anno di produzione del film, non è certamente comparabile a quella delle opere successive dei Pixar Animation Studios, corti e lungometraggi che rivoluzioneranno davvero i sistemi grafici dell'animazione in digitale (Monsters & Co, Alla Ricerca di Nemo, Wall•E, Piper, Alla Ricerca di Dory) dal 2001 al 2016. I primi due capitoli della saga di Toy Story (1995/1999) sono da considerare ancora dei banchi di prova nei quali gli animatori della Pixar sperimentano texture, sistemi di rendering, profondità di campo e altri aspetti tecnici che verranno innovati negli anni successivi. Essi quindi non risultano un punto di arrivo per la storia della grafica in animazione, bensì il mezzo tramite il quale il processo di evoluzione tecnica della Pixar, cominciato negli anni '80 con i cortometraggi di Lasseter, riesce finalmente a compiere un salto definitivo e rivoluzionario per ciò che concerne l'economia del cinema animato. Il passaggio da animazione tradizionale ad animazione computerizzata, dunque, non è così netto e così marcato come si pensa.



Toy Story | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Non esiste, perciò, il film che ha del tutto cambiato i connotati del medium trasformandolo da analogico a digitale. Toy Story è sicuramente il promotore commerciale di tale radicale cambiamento, tuttavia risulta ancora sperimentale e qualitativamente acerbo; un prodotto di oggettiva importanza per la storia dell'arte, non solo cinematografica, ma artisticamente non così pregiato e invidiabile. La trama, per esempio, per quanto intelligente si sviluppa in maniera del tutto prevedibile. Il lungometraggio si indirizza perlopiù verso un pubblico giovan(il)e - non per forza infantile - e, anche per questo, il suo intreccio narrativo, godibile e diretto con frenesia e con ritmo eccentrico, non presenta alcun tipo di riflessione degno di nota. I primi due sequel, attraverso una caratterizzazione più sviluppata dei personaggi e a delle trame leggermente più corpose, esprimeranno invece in maniera definita concetti interessanti sul senso di appartenenza, sulla nostalgia che permea il passaggio dall'infanzia all'età adolescenziale, sulla ricerca di un centro di gravità che sappia donare stabilità alla condizione esistenziale precaria propria dei giocattoli: l'appartenere "anima e corpo" a un bambino (Andy) che ineluttabilmente cresce e che sicuramente abbandonerà con il passare del tempo i suoi vecchi compagni di svago. Tali argomenti non risultano ancora pienamente strutturati e messi a fuoco in questo primo capitolo, un film che premia l'avventura e la spensieratezza e che sviscera solamente i suoi ottimi personaggi principali.



A Bug's Life | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


A Bug's Life (1998) è un altro titolo di rilievo dell'animazione degli ultimi anni '90, un film che riflette dei significati tanto profondi da essere quasi sempre o ignorati, o dati per scontati, mentre viceversa raffigurano argomenti di assoluto spessore tematico. L'idea di partenza sulla quale si basa il lungometraggio di John Lasseter e di Andrew Stanton, infatti, risulta tuttora folgorante se interpretata con occhi adulti: << Le formiche raccolgono il cibo, le cavallette mangiano il cibo >> ovvero la legge del più forte adottata in un "megaminimondo" che, inevitabilmente, rispecchia sia la politica utilitarista propria del capitalismo più estremizzato, sia la natura umana più spietata e impulsiva catapultata in una realtà che ritrae nella propria dimensione fittizia una forma prefigurata della lotta di classe. Nonostante i complessi messaggi che ne descrivono il racconto, A Bug's Life rappresenta narrativamente un'impresa prima di tutto citazionistica. Lasseter, infatti, decide di adattare uno dei più amati e dei più famosi classici della "settima arte" per poter dare vita al suo secondo lungometraggio animato, ed effettivamente chiunque abbia visto almeno una volta I Sette Samurai (1954) di Akira Kurosawa potrebbe apprezzare o no la trama principale del film in base alle diverse analogie che accomunano le due pellicole. Tale scelta stilistica e narrativa inevitabilmente toglie originalità all'opera della Pixar, tuttavia la caratterizzazione dei suoi personaggi - in parte ripresi da un altro classico, ovvero da (1963) di Federico Fellini - riesce a coronarne una più che audace e acuta sceneggiatura.



A Bug's Life | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Tecnicamente A Bug's Life non migliora la grafica con la quale tre anni prima era stato realizzato Toy Story. L'animazione digitale, la fotografia e la qualità del rendering dei Pixar Animation Studios rimangono pressoché invariate dal 1995 al 1998, particolari tecnici che nell'anno successivo, con la pubblicazione di Toy Story 2, risulteranno sensibilmente migliorati assieme alla qualità della regia di John Lasseter. Il "moderno Walt Disney", infatti, raggiungerà con il secondo capitolo della saga sui giocattoli la propria maturità stilistica, una tipologia di direzione artistica sempre molto attenta a esprimere la densità emozionale dei personaggi in scena e fortemente legata a un citazionismo che caratterizzerà in futuro anche alcuni suoi lavori minori.


Nel 2006, per esempio, Lasseter dirigerà con Dan Scanlon (Monsters University, Onward) un cortometraggio spin-off del suo quarto lungometraggio Cars - Motori Ruggenti (2006) chiamato Carl Attrezzi e La Luce Fantasma, un piccolo progetto animato nel quale il regista metterà in mostra le sue ottime competenze tecniche e la propria passione per il cinema d'autore, questa volta di genere horror. Se nel primo Toy Story gli "abomini" di Sid Philips potevano rimandare alle creature kafkiane dei fratelli Stephen e Timothy Quay (Street of Crocodiles), in questo corto traspaiono invece una tensione, una suspense e un utilizzo funzionale della luce ripresi direttamente da classici carpenteriani come The Fog (1980) e La Cosa (1982).



Toy Story 2 | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Toy Story 2 - Woody e Buzz Alla Riscossa (1999) rappresenta invece il miglior prodotto animato dei Pixar Animation Studios con John Lasseter alla regia. La storia riprende la forma di road movie del film del 1995 con una differenza cruciale. Questa volta, infatti, a dover essere ritrovato non è Buzz ma è Woody. Oltre alla grafica leggermente superiore rispetto a quella di Toy Story, il sequel presenta netti miglioramenti nella caratterizzazione dei personaggi, principale motivo per cui il lungometraggio si può dunque definire universalmente come un secondo capitolo del tutto riuscito. I rapporti tra i personaggi presenti nel primo e nel secondo film vengono cuciti e rafforzati da un legame profondo, un senso di rispetto verso ciò che li accomuna, ovvero la grande comunità dei giocattoli di Andy. Rex e Mister Potato risultano più presenti anche grazie alla maggior caratterizzazione della apprensiva Mrs. Potato, Slinky trova più spazio per esprimere le proprie sfaccettature caratteriali e le proprie capacità di cane-molla, Hamm acquista finalmente personalità e, in generale, ogni altro personaggio, prima solo di estremo contorno, viene messo in scena in maniera utile e mai banale, da Bo Peep a Lenny, da Linea Rama al Sergente. Le identità che, tuttavia, delineano tutti i sotto-testi di Toy Story 2 sono i nuovi personaggi secondari dell'opera: Jessy, un'atletica ed estroversa cowgirl, Bullseye, il coraggioso e affidabile cavallo di Woody, Wheezy, un pinguino asmatico di assoluta rilevanza per l'avvio della trama, Stincky Peet, un anziano e nostalgico cercatore d'oro e infine il sommo Imperatore Zurg, un prototipo parodistico di Darth Vader grazie al quale finalmente comincia a svilupparsi il background di Buzz Lightyear.



Toy Story 2 | Daelar Animation
© Pixar Animation Studios | © Walt Disney Company


Questo sequel, grazie alle relazioni che si instaurano tra Woody e parte dei nuovi personaggi, riflette su temi affatto banali, scontati o retorici: la ricerca delle proprie origini, lo sviluppo del senso di appartenenza e l'importanza di sentirsi amati, di sentirsi "a casa" ovunque essa sia, di godersi appieno i momenti più semplici e più importanti dell'esistenza perché nulla al mondo può e potrà mai essere considerato eterno. I giocattoli comprendono tale senso di incertezza e di transitorietà, infatti per Toy Story 3 (2010), ragionando sulla temporalità e sulla inevitabile fine dell'infanzia di Andy, i creativi Pixar John Lasseter, Andrew Stanton e Lee Unkrich realizzeranno la sublimazione di tutti gli stati d'animo che i personaggi provano nel corso dei capitoli precedenti della saga, sottoscrivendo quindi l'importanza dei personaggi introdotti in Toy Story 2. Se, tuttavia, da una parte si assiste a vicende dal profondo significato, dall'altra il film propone sequenze goliardiche e di assoluta estasi cinefila. Zurg e Rex, infatti, si rendono protagonisti di alcune delle citazioni più riuscite del cinema di Lasseter, da quella di Jurassic Park (1993) nel super market a quella di Star Wars - Il Ritorno dello Jedi (1983) con Buzz nei panni di Luke Skywalker. Il lungometraggio, soprattutto grazie al magnifico e puntuale lavoro registico, riesce infine a toccare vette tecniche di grande cinema con, per esempio, la sequenza in cui Woody viene riparato da Geri de Il Gioco di Geri (1997), cortometraggio Pixar diretto da Jan Pinkava e vincitore di un Academy Award.

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