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  • Immagine del redattoreIsaia Silvano | Daelar Animation

Nascita del fantasy post-moderno: da Wizards a Fire and Ice

Nel corso degli anni '60 e '70, il fumetto franco-belga e quello statunitense plasmano in maniera rivoluzionaria e imprescindibile lo sviluppo estetico e, in parte, anche concettuale delle opere animate di ogni parte del mondo. A partire dalle tavole avanguardiste e futuristiche di Jean Giraud (in arte Moebius), dai racconti disegnati e sceneggiati da Grzegorz Rosinski (Thorgal) e da Jean Van Hamme (XIII, Il Grande Potere del Chninkel), fino ad arrivare ai corpi muscolari e poderosi di Frank Frazetta (Flash Gordon, Conan Il Barbaro), il cinema animato di genere fantasy e fantascientifico viene infatti fortemente influenzato dai canoni stilistici imposti in molteplici settori figurativi dalla "nona arte" occidentale della seconda metà del Novecento. Ralph Bakshi, Martin Rosen, Don Bluth, Gerlad Potterton, Hayao Miyazaki e persino la Walt Disney Productions subiscono soprattutto il fascino delle illustrazioni estremamente definite e originali pubblicate tra il 1964 e il 1977 in varie testate indipendenti dell'epoca come Famous Funnies, Mad Magazine e Métal Hurlant della casa editrice francese Les Humanoïdes Associés, realtà artistiche che integrano sia i generi dark, erotico e sword and sorcery, sia un tipo di fantascienza post-apocalittica satura di elementi psichedelici e surreali in fumetti dalle caratteristiche cupe e reboanti.



Ralph Bakshi | Daelar Animation
© Métal Hurlant | © Les HumanoÏdes Associés


Il medium animato anglofono in particolare, che in questi anni sta attraversando un'epoca infausta dal punto di vista finanziario nella quale le animazioni si presentano quasi sempre poco curate (la cosiddetta "Xerox Age"), diventa presto portavoce di questa new wave stilistica, realizzando decine di lungometraggi che scardineranno completamente gli standard grafici della Cartoon Golden Age (1939-1959) con la stessa forza con cui la limited animation degli studios UPA aveva reimpostato le modalità di rappresentazione figurativa in animazione nella seconda metà degli anni '40. Wizards (1977), Il Signore degli Anelli (1978), La Collina dei Conigli (1978), Heavy Metal (1981), The Plague Dogs (1982), Brisby e Il Segreto di NIMH (1982), Fire and Ice (1983) e Taron e La Pentola Magica (1985) rappresentano di certo le opere britanniche e statunitensi più famose di questo periodo "oscuro" dell'animazione anglofona, un'età nella quale molti film d'animazione risultano infatti caratterizzati da un'estetica ambientale lugubre e da trame fantastiche spesso portanti di crudi e complessi sotto-testi concettuali e spirituali [1]. In Giappone, nello stesso periodo, il già esperto ma ancora non pubblicamente celebrato animatore e regista Hayao Miyazaki stabilisce in maniera definitiva il proprio stile grafico e la propria poetica con la serie animata Conan Il Ragazzo del Futuro (1978), anime rivoluzionario del genere post-apocalittico che, soprattutto per ciò che concerne le raffigurazioni di aeromobili e di alcuni particolari scenografici come mezzi militari di trasporto e armi di distruzione di massa, presenta influenze importanti dagli avveniristici fumetti di Giraud.



Conan Il Ragazzo del Futuro | Daelar Animation
© Nippon Animation


I due artisti, non a caso, si trovano e si troveranno perennemente in uno stato di condizionamento reciproco, essendo l'uno grande ammiratore dell'altro. Arzach (1975) di Moebius, infatti, viene citato da Miyazaki come una delle opere più importanti per la realizzazione del concept sia narrativo che, soprattutto, estetico del manga Nausicaä della Valle del Vento (1982/1994) [2], mentre l'ultima figlia dell'illustratore francese, nata nel 1995, si chiama proprio Nausicaä Giraud.


Verso la metà degli anni '70, l'arte del cinema - e di conseguenza quella dell'animazione - viene pesantemente influenzata dalle atmosfere decadenti cardine della società occidentale. I continui tumulti post-Sessantotto, la crisi del petrolio, le ripercussioni della Guerra del Vietnam e l'eccessivo sviluppo industriale di molti Paesi spingono registi e autori della "settima arte" a mettere in scena situazioni e argomenti dal forte impatto visivo ed emotivo, dai toni cupi e tenebrosi, dalle ambientazioni distopiche in cui si descrivono il disagio e la morte ideologica, la caduta della fede e l'avvento del caos e dell'anarchia come forma di auto-gestione politica, sociale ed economica. Nascono dunque, assieme ai portavoce della "Nuova Hollywood" Martin Scorsese, Brian De Palma e Steven Spielberg, nuovi artisti - dalla poetica macabra e fortemente connessa con un mondo senza più un dio e senza più una guida definita - come David Cronenberg, John Carpenter e David Lynch.



Bleade Runner | Daelar Animation
© The Ladd Company | © Shaw Brothers | © Tandem Productions | © Warner Bros.


Al contrario, la riscoperta dei classici orwelliani e lo sviluppo della letteratura distopica-cyberpunk, coniata negli anni '50 da Ray Bradbury e resa più interconnessa con la filosofia esistenzialista da Philip K. Dick, danno vita a sotto-generi appartenenti alla fantascienza anche cinematografica che, tra gli anni '70 e gli '80, rappresenteranno la base concettuale di diversi capolavori e film di culto come Blade Runner (1982), 1997: Fuga da New York (1981), Interceptor (1979), Terminator (1984) e Akira (1988). Inoltre, in questi anni vi è una rivisitazione del genere fantasy, espresso non nella forma epica classica, bensì definito attraverso le atmosfere fatiscenti di questo periodo storico. Nasce infatti il genere del dark-fantasy "post-tolkeniano", che in pochi anni si estende dalla letteratura a diverse altre forme d'arte come il fumetto e l'illustrazione, fino ad arrivare ai giochi di ruolo e da tavolo. Altri temi che compaiono, questi soprattutto in animazione, in maniera determinante in questi anni esprimono una feroce critica verso l'eccessiva urbanizzazione e le lotte, quasi sempre drammatiche e violente, che si consumano tra uomo e natura, tra l'artificiale e l'autentico e tra il meccanico-robotico e il nativo. Tali argomenti, di certo non originali ma ricontestualizzati, assieme agli sviluppi di generi quali il post-apocalittico e il dark-fantasy, formano le fondamenta di un'epoca medioevale dell'animazione occidentale.



Wizards | Daelar Animation
© Bakshi Productions | © 20th Century-Fox


Il termine "medioevale" rappresenta una provocazione poiché questa età dell'animazione anglofona ed europea, che nasce attorno al 1977 con Wizards di Ralph Bakshi e si conclude nel 1987 con Gandahar di René Laloux, ricopre temporalmente il lasso di tempo che va dalla fine dell'era dell'animazione xerografica (circa metà degli anni '70) all'inizio del "rinascimento" della Walt Disney Pictures (1989).


Nel 1977 viene pubblicato Wizards, primo lungometraggio animato occidentale da "vedere con la presenza di un adulto" (PG-rated), diretto da Ralph Bakshi. Si tratta del primo vero e proprio capo d'opera del regista israeliano-statunitense che, dopo avere realizzato la sua prima trilogia "urbana" o "metropolitana" (Fritz the Cat, Heavy Traffic, Coonskin), decide di cambiare genere cinematografico e di sovvertire le regole e i canoni del fantasy classico. La storia rappresenta un'allegoria dello scontro tra la natura e l'artificiale, due regni governati da due fratelli in continua lotta tra di loro. Il fratello che guida il mondo meccanico manda un sicario ad uccidere il parente rivale, ma alla fine non sarà così semplice eliminare il bizzarro regnante dei boschi e delle praterie, un antieroe impuro e sciupato dall'esistenza. La trama è ambientata in un mondo post-atomico in cui la memoria dell'uomo è stata totalmente rimossa e dimenticata, un racconto che rispecchia in maniera lucida e lampante l'epoca post-industriale decadente che negli anni '70 sta vivendo in modo sempre più disilluso l'Occidente tecnologicamente avanzato.



Wizards | Ralph Bakshi
© Bakshi Productions | © 20th Century-Fox


Wizards, infatti, rappresenta uno dei lungometraggi animati più importanti del medium poiché incarna con la medesima forza sovversiva della musica punk lo spirito ribelle della generazione cresciuta dopo la grande e meteorica illusione pacifista portata avanti dagli hippie dal 1966 al 1969. Bakshi firma il suo film intellettualmente più anarchico e geniale creando una storia e dei personaggi assurdi dall'ironia pungente, liberi da ogni possibile topos narrativo del genere fantastico. Tre sequenze, le migliori e più iconiche del lungometraggio, rappresentano forse l'apice della carriera del regista dal punto di vista concettuale: l'assedio al palazzo degli ebrei, che improvvisano una danza yiddish di diverse ore per rimandare la loro esecuzione, la grande battaglia finale nella quale le truppe d'attacco vengono spaventate a morte da ologrammi nazisti e l'ultima sequenza, segmento narrativo delirante che inscena lo scontro conclusivo tra i due fratelli; uno dei migliori, più spiazzanti e più esilaranti finali dell'intera storia del cinema d'animazione. Nel lungometraggio, Bakshi affina l'animazione ripresa e creata in rotoscoping, tecnica introdotta nella sua filmografia con Heavy Traffic (1973), pur non disponendo di un budget sufficiente per la riuscita ottimale della resa scenica complessiva. La grande inventiva e creatività del team di sviluppo, tuttavia, riesce a compensare la bassa qualità del rotoscoping attraverso l'utilizzo di colorazioni ed effetti visivi che riescono a donare al film un fascino quanto mai psicotropo.



Ralph Bakshi | Daelar Animation
© Bakshi Productions | © 20th Century-Fox


Il lungometraggio, infatti, altro non raffigura che un avanzamento tecnico dell'arte dell'arrangiarsi di Ralph Bakshi. Nel corso degli anni '80, Wizards diventerà un cult grazie al gioco di ruolo in stile Dungeons & Dragons che verrà distribuito negli Stati Uniti d'America poco dopo l'uscita del lungometraggio. Il medium dei giochi da tavolo, assieme a quello delle illustrazioni di album musicali (Meat Loaf, Iron Maiden) e di locandine cinematografiche (Star Wars, Alien), rappresenta infatti un'altra importante forma d'arte che, tra gli anni '70 e gli '80, viene influenzata in modo significativo dai fumetti erotici, dark-fantasy e sci-fi di riviste come Heavy Metal, la versione statunitense delle bande dessinée di Moebius, come testimonia per esempio Hero Quest (1989).


Nel 1978 esce Il Signore degli Anelli, film che cerca di narrare due terzi della trilogia di J.R.R. Tolkien attraverso le stesse tecniche di realizzazione di Wizards. Bakshi tenta l'impossibile, pubblicando quello che ancora oggi rappresenta una delle follie produttive più famose e celebri della storia dell'animazione occidentale. Il risultato, infatti, non premia l'arte del regista e la linearità della trama, in alcune istanze fedelissima a quella dei romanzi, non conferisce a Il Signore degli Anelli la qualità sovversiva del precedente lungometraggio. Il disastro annunciato, dunque, anche se aiuta la nicchia di pubblico che segue incessantemente Bakshi a crescere, mostra invero tutti i limiti tecnici, artistici ed economici con i quali il regista ha sempre dovuto collaborare; restrizioni che in questo mastodontico lavoro, purtroppo, non riescono ad essere compensate da aspetti concettuali o estetici del film abbastanza anarchici o anche solo originali.



Il Signore degli Anelli | Daelar Animation
© Fantasy Films | © United Artists


Negli anni '80, Ralph Bakshi è già riconosciuto a livello internazionale come il regista che più di chiunque altro ha sperimentato la tecnica rotoscoping durante la sua carriera. In Heavy Traffic (1973) e in Coonskin (1975) si possono osservare le prime animazioni implementate su sfondi e su alcuni personaggi secondari. Successivamente, in Wizards (1977) e ne Il Signore degli Anelli (1978), la tecnica migliora sensibilmente pur mantenendo una resa d'immagine profondamente amatoriale. Dopo due lungometraggi fantasy, Bakshi torna a raccontare New York nel suo capolavoro: American Pop (1981), film in cui il rotoscoping raggiunge invece una perfezione estetica sia nella raffigurazione delle scenografie, sia per ciò che concerne la qualità e la precisione dei dettagli dei volti. Infine, in seguito alla pubblicazione di Hey Good Lookin' (1982), una versione rivisitata e violenta di West Side Story (1957), nel 1983 Bakshi e l'illustratore Frank Frazetta producono e realizzano insieme Fire and Ice, opera adulta dalle scenografie imponenti e da particolari animazioni - gestite attraverso una "analogical motion capture" [3] - tanto fluide da potersi permettere diversi rallenty calibrati in maniera ottimale. Il film, quindi, anche se si presenta qualitativamente più basso rispetto ad American Pop, rimane ancora oggi uno dei migliori esempi in assoluto di rotoscope animation. Fire and Ice, dopo ben cinque anni dal pessimo riscontro avuto con Il Signore degli Anelli, chiude il trittico fantasy prodotto e diretto da Bakshi tra il 1977 e il 1983. Il lungometraggio si presenta come un classico sword and sorcery alla Conan the Barbarian, capo d'opera epico della "nona arte" disegnato da Frazetta negli anni '60 e '70.



Fire and Ice | Daelar Animation
© Producers Sales Organization | © 20th Century-Fox


La trama è lineare, essenziale per delineare una storia d'avventura fantastica piuttosto scontata. I personaggi, tuttavia, nella loro semplicità riescono a rendere avvincente una narrazione che, già scarna di contenuti, viene resa tediosa per gran parte del lungometraggio da un ritmo lento e da un montaggio che accelera l'azione soltanto durante le frenetiche sequenze conclusive. La sceneggiatura, dunque, non risulta certamente il punto forte del film, opera che d'altra parte si può apprezzare sul lato tecnico della sua realizzazione e per la sua sontuosa colonna sonora, composta da William Kraft sulla falsa riga delle musiche scritte da Basil Poledouris per cult cinematografici come Laguna Blu (1980) e Conan Il Barbaro (1982).


Se Fire and Ice, dunque, rappresenta solo un salto di qualità tecnico all'interno del trittico fantasy prodotto e diretto da Bakshi, Wizards e i primi tre lungometraggi "urbani" del regista [4], invece, si inseriscono nel medium come le prove d'autore più importanti della disgregazione culturale degli Stati Uniti d'America avvenuta tra la fine degli anni '60 a la fine dei '70. Come i gruppi bandiera delle sotto-culture proto-punk, avanguardiste, post-punk e no wave che, per esempio, nello stesso periodo (tra il 1974 e la fine del decennio) stanno animando le scene musicali post-industriali più impattanti e concettualmente reazionarie degli USA (The Residents, Pere Ubu, Glenn Branca, Suicide), il regista israeliano-statunitense si pone alla testa della battaglia sociale più efferata per poter testimoniare in modo brutalmente personale la follia autodistruttiva dell'Occidente più sporco, spregevole e scomodo agli occhi della società benpensante. Bakshi, quindi, in quest'ottica quasi antimodernista, o comunque decisamente critica nei confronti del progresso, rappresenta senza ombra di dubbio il regista autoriale d'animazione anglofona più importante e acuto di sempre.


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