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  • Immagine del redattoreIsaia Silvano | Daelar Animation

The Lo-fi Generation: come il cinema sperimentale ha influenzato l'animazione contemporanea

Gli anni '90 sono stati una fucina di talenti negli Stati Uniti d'America. L'animazione indipendente ormai si era strutturata ampiamente attraverso la new wave nata dai film di Ralph Bakshi, i corti post-surrealisti di animatrici quali Suzan Pitt e Sally Cruikshank, la corrente post-moderna fantasy e sci-fi istituzionalizzata con Heavy Metal nel 1981 [1], le opere di rottura di registi come Jimmy T. Murakami, Fred Wolf e Charles Swenson. Grazie a emittenti tv allora alternative come MTV o illuminate come la 20th Century Fox di Brian Graden, assieme ai primi successi di Matt Groening fecero scalpore cartoni animati irriverenti, acidi e fortemente umoristici come South Park (1997/in corso) e, ancora prima, Beavis and Butt-head (1993/in corso), serie audaci e satiriche che come nessun'altra erano riuscite a immortalare con tanta feroce verità la rabbia repressa propria della generazione del grunge, cresciuta in seguito allo scoppio della "bolla economico-sociale felice" sviluppatasi in buona parte del mondo durante gli anni '80.


Assorbendo gran parte del retaggio artistico creato nel precedente decennio, dal 1995 al 1998 lo studente di cinema Don Hertzfeldt comincia a sperimentale cut-out animation ripresa in 16mm, un singolare stile in stop-motion estremamente stilizzato - creato a partire soltanto da fogli di carta e da matite - che porta il giovane artista ad essere immediatamente considerato, soprattutto grazie alla commedia slapstik Lily and Jim (1997), come uno dei cineasti più interessanti dell'animazione underground statunitense.



Don Hertzfeldt | Daelar Animation
© Don Hertzfeldt


Dopo aver cambiato obbiettivo e macchina da presa, una fotocamera rostrum da 35mm che non abbandonerà per più di dieci anni, Hertzfeldt realizza i cortometraggi Billy's Baloon (1998) e Rejected (2000), opere schizoidi e dissacranti nei riguardi della pubblicità promozionale che portano il pubblico verso una nuova consapevolezza collettiva del mezzo animato. Attraverso questi corti studenteschi e lo spettacolo sperimentale The Animation Show (2003) creato con Mike Judge, l'autore di Beavis and Butt-head, il giovane regista compie infatti un salto concettuale enorme, fondando di fatto la prima corrente "assurdista" che nel corso dei decenni Duemila e Duemiladieci definirà la maggior parte delle commedie surreali animate del XXI secolo. In questo periodo, inoltre, Hertzfeldt comprende quanto internet si stia ormai rivelando una ottima vetrina per poter pubblicizzare arte d'animazione, anche se il cineasta sarà sempre legato alla sala e alla distribuzione principalmente indipendente delle proprie opere. Tale profilo poetico, sia violento e spinoso, sia comico e allo stesso tempo esistenzialista, e tale forma di produzione e distribuzione artistica inscrivono il regista in una nuova avanguardia del medium animato: la lo-fi generation dell'animazione statunitense. Non è un caso, anche temporalmente, che il termine lo-fi riesca a definire in maniera completa l'arte di Hertzfeldt, un artista che tra gli anni '90 e i primi Duemila - come in musica Mount Eerie & The Microphones, Neutral Milk Hotel, Elliot Smith e Pavement - riesce a rendere conosciuto e riconoscibile uno stile tanto scarno quanto vivido e originale, spesso riuscendo a esprimere dubbi esistenziali attraverso un umorismo nero, cinico, nostalgico ma mai davvero del tutto pessimista.



Rejected | Daelar Animation
© Don Hertzfeldt


I suoi primi lavori, infatti, riflettono la stessa decadenza morale sviluppata in Occidente negli anni '90 da quegli uomini e da quelle donne che, aspettando l'arrivo del nuovo millennio, si sono sbizzarriti e sbizzarrite a pensare come la specie umana si sarebbe auto-distrutta nel XXI secolo, fondamentalmente fantasticandoci sopra senza giudicare e senza prendere nette posizioni a favore di status sociali o pensieri politici. Insomma, lo spirito assurdo e cinico con il quale poter esprimersi diventa, dopo The Animation Show (festival itinerante negli Stati Uniti a cui partecipano importanti esponenti dell'animazione underground americana come Bill Plympton e Joanna Quinn), una sorta di autodifesa dalle proprie paure verso un domani visibilmente incerto e, soprattutto dopo l'11 settembre del 2001, alquanto spaventoso.


Mentre in South Park la satira avanza fino a raffigurare Satana e Saddam Hussein, asciugamani tossicodipendenti e orge sataniche natalizie, dal 2005 al 2011 Hertzfeldt pubblica i suoi lavori ancora oggi più premiati e riconosciuti come rivoluzionari per il medium: The Meaning of Life, Everything Will Be OK, I Am So Proud of You e It's Such a Beautiful Day. Traendo sapientemente spunto dal passo-uno dell'australiano Adam Elliot (Harvie Krumpet, Mary and Max), il regista riesce a creare una dimensione artistica sui generis raccolta tra la poetica spirituale di Terrence Malick, l'esposizione complessa di disturbi come la depressione maggiore, la scrittura psicoanalitica d'intrattenimento di Charlie Kaufman e tecniche come l'esposizione multipla e l'animazione ibrida tra stop-motion, cut-out ed effettistica speciale - analogica su pellicola - di stampo espressionista.



It's Such a Beautiful Day | Daelar Animation
© Don Hertzfeldt


Se The Meaning of Life ragiona sull'evoluzione fisica ma non comportamentale dell'essere umano, il trittico di corti successivo, che nel 2012 Hertzfeldt editerà insieme realizzando dunque il suo primo lungometraggio antologico, rappresenta la summa concettuale dell'autore, riuscendo a riprodurre con tre storie definite ma intellettualmente legate il cammino filosofico di un personaggio, Bill, in un percorso tortuoso, melanconico e visionario perlustrato e analizzato attraverso i pensieri più intimi di un uomo tristemente comune. Questi lavori del regista ancora oggi vengono riconosciuti come alcune delle opere d'animazione più seminali del XXI secolo, in quanto affondano le radici formali nei primi corti dell'artista ed evolvono il suo discorso arrivando a recidere qualsiasi possibile parallelismo con il cinema d'animazione passato. Hertzfeldt, infatti, è il cineasta d'animazione statunitense più importante degli ultimi vent'anni [2]. Senza i suoi film, per esempio, non si sarebbero sviluppate su internet realtà come gli adsf movies di Thomas "TomSka" Ridgewell, la casa di produzione Adult Swim per come è conosciuta oggi, i corti di Cynade & Happiness e i web comics Hyperbole and a Half e Xkcd, oltre che tutta un'enorme e folta scena di animatori e animatrici indipendenti che tuttora pubblicano cartoons su blog o su piattaforme social.


Negli ultimi dieci anni, soprattutto su YouTube, la produzione e la pubblicazione di animazione - prima relegata a siti spesso poco conosciuti o pubblicizzati - si è moltiplicata a dismisura, e nel marasma dell'autorialità decadente di internet, messa spesso in secondo piano da cortometraggi comici assurdi - figli dei primi lavori di Don Hertzfeldt - riflettenti della cosiddetta meme culture, solo pochi artisti sono riusciti a proporre qualcosa di realmente innovativo e intelligente.



Twins In Paradise | Daelar Animation
© Victoria Vincent


Come un urlo intento a farsi riconoscere volutamente in modo grottesco, raccapricciante e assai scomodo, nel 2015 sono comparse su internet Victoria Vincent - alias vewn - e Jonni Phillips, probabilmente le due registe e animatrici attualmente più rilevanti dell'animazione made in USA. Del maestro Hertzfeldt, intanto occupato a realizzare un altro trittico ormai cult del medium (World of Tomorrow), si può scorgere nei lavori delle due artiste soltanto lo stesso cinismo di fondo, anche se Vincent e Phillips daranno prova, in particolare tra il 2017 e il 2022, di essere delle vere e proprie ambasciatrici dell'apocalisse, facendo quindi sembrare la filmografia del regista solo una grande elucubrazione mentale in confronto a opere come Cat City (2017), Wasteland (2019) Twins In Paradise (2020) e Catopolis (2022). Ciò che lega il regista alle due animatrici sul lato pratico, invece, è la realizzazione completamente indipendente dei film, prodotti, creati e distribuiti su internet seguendo il medesimo approccio indie di Hertzfeldt e di altri artisti d'animazione indipendenti come Chris Sullivan, Cecilia Reeve ed Elena e Olivia Ceballos - conosciute come elioliart. I film di Vincent e Phillips scavano nella desolazione e nella disturbante realtà delle nuove generazioni statunitensi e, più in generale, dell'Occidente contemporaneo. Le loro "lande nude e devastate" desertificano gli ideali e la linfa vitale di esseri deformi in balia degli eventi, immersi in un tunnel sterile privo di speranza. La fuga, attraverso sostanze o alieni penta-dimensionali, diviene dunque l'unica arma per scampare alla morte dell'essenza, da una realtà oppressiva che consuma carne, mente e psiche. I loro lavori racchiudono nella propria autenticità autoriale un complesso groviglio di nichilismo esistenziale, un pensiero volto alla distruzione e alla ricerca di un proprio posto in un mondo tuttavia vuoto e inospitale.



Cat City | Daelar Animation
© Victoria Vincent


Se Vincent racconta nei suoi corti migliori - Cat City, kittykat96 e Catopolis - una generazione di ragazzi e di ragazze allo sbando priva di valori, auto-distruttiva (parimente ai personaggi descritti in Euphoria della HBO) e legata così morbosamente al computer da non saper più riconoscere la dimensione reale nella quale vive (e in questo il messaggio proposto, per esempio, da kittykat96 si presenta terribilmente simile alle profezie messe in scena nel 1998 dal capolavoro assoluto Serial Experiments Lain), Phillips raccoglie le esperienze traumatiche di personaggi più compless(at)i, volti a massacrarsi e a massacrare il mondo distorto, falso e ripugnante che li circonda. Nella sua vasta produzione artistica, sempre rigorosamente creata in stop-motion partendo da ritagli di carta, la regista riesce a condensare una visione della realtà talmente oscura e rassegnata alla propria fine da diventare un vero e proprio baluardo di questi ultimi anni scombinati, di estrema rottura con il passato e caratterizzati da un costante senso di disagio rivolto all'esistere, qui e ora, su un pianeta che ormai sembra davvero stanco di sopportare l'umanità. La sua opera più rilevante, Wasteland, lungometraggio antologico che raccoglie gran parte dei corti e dei mediometraggi realizzati da Jonni Phillips tra il 2016 e il 2019, si staglia nel vasto sottobosco dell'animazione indipendente contemporanea come il vero testamento nichilista della gioventù odierna. La sua parte finale, il film The Final Exit of the Disciples of Ascensia (2019), rappresenta l'opera animata statunitense più importante degli ultimissimi anni in termini di significato e si presenta - sia per come viene creata, sia per la sua meravigliosa colonna sonora indie folk - come la quintessenza della lo-fi generation.



The Final Exit of the Disciples of Ascensia | Daelar Animation
© Jonni Phillips


Wasteland è un lascito artistico di notevole levatura concettuale, un vero capo d'opera autoriale prodotto per esprimere la tristezza e lo sconforto di una intera generazione di outsiders.


Grazie a Victoria Vincent, ora collaboratrice di Netflix, e a Jonni Phillips, l'animazione statunitense si è ripresa quel senso di complessità che, a parte per Don Hertzfeldt, sembrava aver in gran parte abbandonato. Se gli anni Duemila e Duemiladieci sono stati un'epoca di transizione del target per l'animazione seriale, principalmente grazie a cartoni animati quali Adventure Time (2010/2018), BoJack Horseman (2014/2020) e Rick and Morty (2013/in corso), gli odierni anni Duemilaventi dovranno instaurare tale spostamento dell'età media di fruizione da infantile-adolescenziale ad adolescenziale-adulta nel cinema d'animazione. Sarà un processo lento e assai arduo, soprattutto perché ancora oggi manca il sostegno a tale causa di majors come Walt Disney Animation, Pixar, Sony Animation e Dreamworks Animation, tuttavia gli USA, più del cinema orientale o europeo, dovranno arrivare presto a comprendere che ormai il medium dell'animazione cinematografica non parla più a un pubblico di bambini e di bambine. In realtà non lo ha mai fatto, ma se fino a dieci anni fa un film espressamente creato per un target infantile veniva visto perlopiù solo da famiglie con figli pre-adolescenti, poiché era molto più comune andare al cinema, adesso ogni prodotto animato, ogni lungometraggio - anche se "per bambini" - rientra in un ecosistema di fruizione che ormai non ha più età. "L'animazione salverà il cinema" dice Guillermo Del Toro riferendosi all'arte e all'economia del settore d'intrattenimento americane, e questo lo sanno molto bene tutti gli addetti ai lavori delle varie case di produzione, degli esercenti e delle piattaforme streaming.


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