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Immagine del redattoreS. Capuano & I. Silvano

Heavy Metal: la rivincita contro-culturale dell'underground

Gli anni '80 per gli USA hanno rappresentato un periodo di rottura che ha segnato un nuovo stato di rinascita artistica. Il fumetto e l'animazione avevano iniziato a introdurre argomenti forti, politici, atmosfere horror che richiamavano la morte, il gusto del macabro, del gore, dell'epico e lo specchio di ciò che aveva stabilito l'erotismo negli anni '70, inglobando questi elementi in tematiche fantascientifiche in stile Troma [1]. Heavy Metal (1981) è la personificazione di un'idea che non è mai riuscita a manifestarsi nella sua interezza, ma in realtà funge da cartello: basti pensare a Métal Hurlant, rivista francese incentrata sulla narrativa pulp dove, peraltro, figuravano artisti del calibro di Philippe Druillet, Milo Manara e Caza. La voglia degli artisti statunitensi di produrre nuove forme di fumetto e di illustrazione come risposta agli europei era fortissima, e un tale progetto prevedeva l'inclusione di storie e di temi mai visti in America, racconti che dovevano unire volgarità, sessualità esplicita, tormento psichico, illogicità e qualsiasi elemento che si opponesse al fumetto occidentale classico troppo ancorato a una giustizia conservatrice. Robert Crumb, Gilbert Shelton, Art Spiegelman, film di Ralph Bakshi come American Pop (1981) e Hey, Good Lookin (1982), Rock & Rule (1983) del canadese Clive A. Smith, l'animazione underground anti-disneyana [2], l'estetica teatrale di Terry Gilliam, la comicità demenziale di John Belushi, le commedie di John Landis degli anni '80, Don Coscarelli, gli stand-up comedians contemporanei e la narrativa post-moderna di autori come Warren Ellis, John Winslow Irving e Michael Chabon contribuirono all'evoluzione progressista della legislazione statunitense, soprattutto riguardo la libertà di espressione.



Heavy Metal | Daelar Animation
© Chris Achilleos


Questo fermento culturale di rottura, dunque, sviluppò un ambiente più che favorevole al team di sviluppo guidato dall'animatore e regista Gerald Potterton, un contesto artistico che permise agli sceneggiatori Daniel Goldberg e Len Blum di utilizzare tutta la loro follia visionaria in Heavy Metal. È bene pensare all'opera come a una sorta di restyling del magazine francese (poi adottato anche negli USA nel 1977), un prodotto rivolto alla generazione dei fanatici dell'hard rock e dell'heavy metal muscolare in voga negli anni del glam rock e dell'heavy psych. Proprio come le riviste, il film contiene stili di animazione distinti, scrittura creativa, nudità e violenza gratuite. L'animazione è stata studiata approfonditamente e duplicata dai fumetti, in modo che i cortometraggi in formato antologico diretti dai singoli sequence directors orchestrati da Potterton fossero presentati nello stesso modo con cui i lettori erano abituati a sfogliare le pagine e le storie del magazine. Heavy Metal è da considerare anche una svolta stilistica per il medium animato grazie alle tecniche tradizionali e di éclair - rotoscoping - adottate nelle scene più virtuose (come l'incipit diretto da Jimmy Murakami), espedienti che non avevano ancora il lusso della computer grafica per poter essere implementati sui piani di immagine. Per questo motivo, le tecniche visibili nel film sono state spesso inventate sul posto utilizzando una notevole varietà di approcci per conferire originalità e tridimensionalità all'opera, esattamente come avrebbe agito Hayao Miyazaki durante la creazione di Nausicaä della Valle del Vento tra il 1982 e il 1984 [3].



Heavy Metal | Daelar Animation
© Guardian Trust Company | © Canadian Film Development Corporation | © Famous Players | © Potterton Productions


Il lungometraggio è stato realizzato principalmente sotto la Canadian Film Dev. Corporation. Questo perché negli Stati Uniti semplicemente non esistevano ancora realtà disposte a finanziare un progetto cinematografico animato di matrice non disneyana con un budget stimato di oltre nove milioni di dollari. Per tale motivo, tra i registi e i produttori del lungometraggio figurano, assieme a collaboratori del National Film Board of Canada come Jack Albert Stokes, Paul van Lamsweerde e lo stesso Gerald Potterton (artisti di fama mondiale grazie a Yellow Submarine del 1968), pilastri dell'animazione anglofona d'oltreoceano come gli inglesi Harold Whitaker e il pioniere John Halas dello storico studio d'animazione britannico Halas and Batcherol (Animal Farm).


Sarebbe un sacrilegio scrivere di Heavy Metal senza menzionare la sua fantastica colonna sonora, una soundtrack che riesce a unire sapientemente le musiche epiche e sontuose del compositore Elmer Bernstein (I Magnifici Sette, Il Buio Oltre La Siepe) con brani reboanti di alcune delle migliori rock bands degli ultimi anni '60 e '70. L'atto più importante della musica nel film risulta infatti il collettivo di pubblicazioni estremamente appropriato che riesce ad adattarsi perfettamente alla narrativa della trama (canzoni come Open Arms, The Mob Rules, Veteran of the Psychic Wars) con, inoltre, la presenza in scaletta di gruppi come Cheap Trick, Journey, Sammy Hagar, Riggs e Black Sabbath, per citarne solo alcuni.



Heavy Metal | Daelar Animation
© Guardian Trust Company | © Canadian Film Development Corporation | © Famous Players | © Potterton Productions


Il comparto musicale di Heavy Metal diventa infatti un'idea guida che, nel 1981, influenza lo stesso genere omonimo e rappresenta un importante punto di svolta per il medium dell'illustrazione di album covers. Tale rivoluzione del cosiddetto record design si materializzerà negli anni '80 in album di band come Manilla Road, Manowar, Angra, Megadeth, Anthrax e, più in generale, in tutte le scene che faranno dell'epicità, della potenza visiva e della surrealtà dei testi il proprio marchio di fabbrica. I Destruction, per esempio, hanno manifestato più volte il loro amore per Heavy Metal e si possono trovare dei riferimenti al lungometraggio anche nei più recenti Brutal Legend, nei Tenecious D di Jack Black e nei Blood Incantation.


L'opera, dunque, è senza alcun dubbio uno dei film d'animazione più importanti dell'animazione occidentale e ancora oggi rappresenta una fonte di ispirazione incredibile per i seguenti motivi: l'introduzione di tematiche e l'esplorazione di un contesto fuori dagli schemi sociali anti-reaganiani, la colonna sonora parte integrante dell'intero lungometraggio, lo stile di animazione artigianale e l'importante utilizzo del rotoscopio ereditato da Ralph Bakshi, il punto di svolta artistico per l'heavy metal soprattutto in Europa, la rivisitazione della fantascienza classica, la libertà di espressione artistica e l'importanza per il cinema indipendente nordamericano.



Heavy Metal | Daelar Animation
© Guardian Trust Company | © Canadian Film Development Corporation | © Famous Players | © Potterton Productions


Definire Heavy Metal un classico di culto gli rende a malapena giustizia dal momento che ha dato il via a una fanbase di devoti a partire da materiale tabù. Nel film, inoltre, è presente anche un elemento di una società segreta di oscura influenza che sta cambiando il mondo in generale, forse quindi un accenno alla massoneria. Negli anni '80, l'unico modo per possedere l'opera consisteva nel contrabbandare il film via cavo a tarda notte. Nell'era prima di internet, sudati cacciatori di video, in agguato davanti alle proprie macchine VHS, restavano in attesa che il lungometraggio iniziasse per poi registrarne la trasmissione. Per quanto riguarda le proiezioni cinematografiche, il film è stato inserito nel circuito delle pellicole di mezzanotte così a lungo che i registi a un certo punto hanno dovuto tirare via le locandine dai cinema da quanto ormai erano logore. Heavy Metal, da quando è arrivato nel 1981, ha ispirato un'intera generazione di animatori a produrre più contenuti per adulti, e questa è, per molti versi, un'altra sua grande eredità. L'opera mostra elementi in contrasto come rappresentazioni radicali di ambientazioni futuristiche, violenza grafica e nudità esplicita. Potterton ha voluto stravolgere i gusti delle persone che si stavano uniformando alla fantascienza alla Star Wars (1977), mischiando completamente le carte del genere sci-fi e provocando lo spettatore. Queste nuove messe in scena hanno permesso a diversi autori di science fiction di poter esplorare concetti seminali per lo sviluppo del genere negli USA. William Gibson, scrittore che ha aperto la strada al sottogenere letterario cyberpunk, ha scritto nell'introduzione di Neuromante (1984): "È del tutto corretto dire che il Neuromante è stato influenzato in gran parte da alcune delle opere d'arte che ho visto in Heavy Metal." [4]



Heavy Metal | Daelar Animation
© Guardian Trust Company | © Canadian Film Development Corporation | © Famous Players | © Potterton Productions


Dei diversi cortometraggi antologici che, uniti attraverso un unico escamotage narrativo, compongono la trama del film, Harry Canyon e Taarna sono i più riusciti. I due segmenti sono ispirati a due diverse graphic novel di Jean Giraud, in arte Moebius. Mentre il primo presenta una narrazione in stile neo-noir, un'animazione che segue un percorso singolare, un protagonista estremamente nichilista e arguto, per non parlare del fatto che la storia particolare mostra molte somiglianze con Il Quinto Elemento (una delle migliori opere di Luc Besson), il secondo si pone come bandiera del sword and sorcery alla Conan Il Barbaro, in una rivisitazione de charme e pomposa di Arzach (1975) che troverà un suo degno successore stilistico in Fire and Ice (1983). Da menzionare è anche il cortometraggio Den, scritto da Richard Corben e diretto da Jack Stokes. In questo segmento la vena umoristico-erotica del film raggiunge il suo apice attraverso muscoli, forme sensuali, sangue e magia nera, il tutto proposto in una chiave chiaramente parodistica.


Heavy Metal è un'opera incredibile: l'adozione di uno stile di animazione così unico e intriso di acido riesce a donare reale vita alle vignette della rivista. Lo spettatore viene spinto in un universo secondo il capriccio del misterioso e malvagio Loc-Nar per poi essere persuaso da una serie di nuove dimensioni, ognuna più violenta, più psichedelica, più sessuale e più assurda a seconda del mondo che si sta visitando in quel preciso minutaggio.


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APPROFONDIMENTI





[4] Gibson, William (1984). Neuromante. Milano. Editrice Nord, 1986.

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